GLI UMBRI
Gli Umbri secondo la testimonianza dello scrittore latino Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) erano il popolo più antico dell'Italia, le cui origini risalgono addirittura al Diluvio. Le fonti antiche tra cui Erodoto, riferiscono che il popolo degli Umbri occupava un territorio vastissimo, attraversato dalla dorsale appenninica umbro-marchigiana e tosco-romagnola. A ovest del Tevere confinavano con gli Etruschi, a sud del Nera con i Sabini, a est con i Piceni. La loro economia si basava sull'agricoltura, sulle attività silvo-pastorali e sulla transumanza delle greggi e sui contatti commerciali. Erano famosi per le lane e i prodotti caseari e si favoleggiava sulla fertilità delle greggi e delle donne umbre. Dal punto di vista degli insediamenti, da un modello abitativo perilacustre dell'età del ferro e del periodo orientalizzante, si è passato a un sistema paganico-vicano cioè alla nascita di villaggi dislocati sui fianchi più soleggiati e meno esposti ai venti freddi di tramontana delle alture a sud-ovest. Sul punto più alto sorgeva l'acropoli dell'abitato. Il rito funerario praticato da questo popolo era esclusivamente inumatorio: i defunti erano seppelliti in fosse coperte da terra e a volte delimitate da pietre.
IL PALEOLITICO
Vari scavi stratigrafici compiuti nella parte nord-orientale dell’altopiano di Colfiorito, nella zona di Fonte delle Mattinate, hanno restituito frammenti di ossa e di denti di vertebrati, e manufatti in selce, carbone e cenere. Queste tracce indicano che il luogo, almeno stagionalmente, doveva essere abitato fin dal Paleolitico superiore.
 IL NEO-ENEOLITICO
Nel 2011 durante la realizzazione della SS77, a sud-est dal Museo Archeologico di Colfiorito, è stata individuata una buca con interno frammenti di ceramica d’impasto grezzo, ossa di animale tra cui parte di un palco di cervo e schegge di selce, risalenti all’IV-III millennio a.C.

ETÀ DEL BRONZO
Al XIX-XVIII secolo a.C. appartengono 18 asce di bronzo ritrovate ai piedi delle pendici occidentali del monte Trella, lungo la via della Spina che collegava la valle umbra con l’altopiano di Colfiorito. Al periodo medio - recente dell’età del bronzo, risalgono i frammenti di ceramica e pasta vitrea provenienti dal monte Orve.

ETÀ DEL FERRO (fine X-VII a.C.)
Dalla fine del X secolo alla seconda metà del VII secolo a.C. la vita del popolo dei Plestini si svolgeva in piccoli villaggi chiamati vici. Gli abitanti utilizzavano tutti le stesse risorse naturali e appartenevano allo stesso gruppo di villaggi chiamato pagus. Essi erano protetti da divinità diverse e prevedevano il futuro interpretando il volo degli uccelli. Ogni popolo aveva un santuario che era un centro d’incontro e di mercato. Tre villaggi si trovavano sulle sponde dell’antico lago Plestino, come ci dimostrano gli scavi archeologici. Il primo nucleo si trovava presso l’attuale località di Capannaccia, il secondo nella zona della chiesa di Santa Maria di Plestia, il terzo lungo la strada che porta al paese di Taverne. Erano costituiti da capanne di legno e fango e avevano una forma ovale. Quello che gli archeologi hanno ritrovato sono le buche lasciate dai pali, le canalette di scolo e la cenere del focolare fossilizzata. A capo c’era il pater familias cioè il capofamiglia e si viveva di agricoltura e di pastorizia.

LA NECROPOLI DEI PLESTINI DELL’ETÀ DEL FERRO
Quando un abitante moriva, era seppellito in luoghi chiamati necropoli (le città dei morti); l’antica necropoli dei Plestini si trovava al confine tra Umbria e Marche. Il defunto era disteso in una fossa, con le braccia lungo i fianchi e gli oggetti più cari in vita, erano sistemati ai loro piedi o vicino alla testa come corredo funerario. Le tombe sono state divise in quattro gruppi che appartengono a quattro diversi momenti della storia di questo popolo. Le tombe che risalgono all’età del ferro, sono 37. Nelle tombe femminili c’erano, solitamente, fusi e aghi per cucire, collane con perline di pasta di vetro, fibule di bronzo e fermagli per capelli. Nelle tombe maschili c’erano rasoi, coltelli e punteruoli. In base alla quantità di oggetti presenti nelle tombe, si poteva capire se un defunto appartenesse a una famiglia povera o ricca.

IL PERIODO ORIENTALIZZANTE (VIII-VII a.C.)
Il periodo Orientalizzante va dalla fine dell’VIII secolo alla fine del VII secolo a.C. ed è chiamato così per l’influsso esercitato dalle civiltà del Mediterraneo orientale. In tutto il Mare Mediterraneo i mercanti Fenici e Greci esportavano oggetti realizzati con materiali preziosi. Gli artigiani dell’Oriente scolpivano le decorazioni sui gusci delle uova di struzzo utilizzando alcuni acidi che corrodevano la superficie. Alcune delle fibule ritrovate in Italia provenivano dall’Oriente. Erano richieste dagli aristocratici perché simboleggiavano il potere e il prestigio. All’inizio i mercanti fenici e greci approdarono solo sulla costa tirrenica tra Toscana e Campania e quindi le merci si diffusero soltanto lungo la costa; poi con il tempo nacquero mercati detti EMPORI all’interno della penisola italiana. Sono stati ritrovati oggetti orientali in Etruria, nel Piceno, nel Lazio e nella Pianura Padana. I mercanti della Grecia durante i loro viaggi esportarono in Italia anche l’alfabeto. Un riferimento alle navigazioni tra le sponde orientali e l’Italia si ritrova anche nell’Odissea. Una novità di questo periodo fu la trasformazione del villaggio in città con case in pietra e tetto di tegole e la costituzione di una classe dirigente guerriera che cominciò a sottomettere i popoli confinanti.

IL PERIODO ORIENTALIZZANTE IN UMBRIA
L’Umbria fu un importante punto di passaggio per gli scambi. Gli archeologi hanno scoperto molti oggetti orientali in questo territorio. Anche tra Umbri si formarono le classi sociali e su di esse dominava una ricca aristocrazia esperta nell'arte della guerra che permetteva ai mercanti e ai pastori di percorrere le vie umbre in cambio di oggetti di lusso orientali. Lo spostamento delle greggi chiamato transumanza, è stato praticato sin dalla preistoria.
LA NECROPOLI DEI PLESTINI DEL PERIODO ORIENTALIZZANTE
Le tombe plestine di questo periodo sono circa 20 e hanno dei corredi più ricchi rispetto al periodo precedente. E’ possibile che gli Umbri sfruttassero i giacimenti di ferro e rame che erano nella zona di Spoleto, Sigillo e Gualdo Tadino, per cui numerosi sono gli oggetti di metallo simili a quelli degli Etruschi. Nelle tombe femminili la presenza di un maggior numero di gioielli (i dischi, i pendagli e le spirali di bronzo per fermare le trecce) o utensili (l'ago) e vasi stavano a significare che la defunta era la padrona della casa (MATER FAMILIAS). Nelle tombe maschili, invece, il prestigio era determinato dalla presenza di armi (lancia e spada) o coltelli di ferro. I vasi erano sistemati o presso la testa o vicino ai piedi.


L’ETÀ ARCAICA
 (dal VI alla prima metà del IV secolo a. C.)
Durante l’età arcaica si usarono molto i prodotti derivati dalla pastorizia (latte, formaggio, lana ecc); ci fu un aumento della popolazione e un miglioramento della qualità della vita di questi popoli preromani. Quando l’imperatore Augusto (che governò tra il 27 a.C. e il 14 d.C.) divise l’Italia in regioni, rispettò i confini di queste popolazioni, anche se da tempo quasi tutta l'Italia era stata unificata dai Romani. Per la prima volta in questo periodo, i Plestini ebbero un’organizzazione politica e sociale: i loro confini correvano lungo la valle del fiume Topino e Menotre e comprendevano anche alcune zone delle Marche.


I CASTELLIERI DEL TERRITORIO PLESTINO
I Plestini vivevano in castellieri che si trovavano per la maggior parte sulle alture e avevano diverse funzioni: i più esterni costruiti lungo i confini, servivano per controllare chi si avvicinava mentre quelli più interni servivano come difesa e luoghi in cui vivere. Sulle alture meno ripide e perciò più facilmente raggiungibili, sorgevano i castellieri a pianta ovale o circolare, circondati da un fossato e grosse mura come il castelliere di Monte Orve e del Castelliere di Annifo. Sulle alture più ripide invece i castellieri essendo protetti dal territorio, erano fortificati solo nei punti di più facile accesso. In alcuni casi si è cercato di rendere più dolci i versanti tramite lavori di terrazzamento come è ancora visibile sul monte Trella o a Croce di Casicchio nei pressi della palude. Il castelliere più importante del territorio plestino è quello del monte ORVE, sistemato su terrazze artificiali con edifici in muratura (e ciò si deduce dal fatto che sono state ritrovate alcune tegole) tra cui nella parte più alta un luogo di culto circondato da una cinta muraria lunga più di un chilometro. Al centro del castelliere c’èra il sacello (luogo in cui si effettuavano i sacrifici dedicati alle divinità).

I SANTUARI DEI PLESTINI
Molti santuari sono stati ritrovati grazie agli stipi (ripostigli) in cui erano conservate le offerte dei fedeli (ex voto). Vicino a Plestia sono state trovate un’ottantina di statue di bronzo (i bronzetti votivi) stilizzate, schematiche. Si tratta di guerrieri e uomini e donne oranti, e le immagini degli animali che costituivano il loro patrimonio: equini, bovini, suini, ovini e cani fedeli alleati dei pastori e dei cacciatori. I bronzetti maschili raffigurati con elmo, scudo e lancia, spesso sono nudi, mentre quelli femminili sono raffigurati con una lunga veste e sono databili VI-V secolo a.C. Numerosi anche gli oggetti ornamentali usati dalle donne quali fusaiole, fibule, pendagli pesi da telaio miniaturistici, elementi di fuso in osso, porta profumi di pasta vitrea. Inoltre grazie al ritrovamento di molti frammenti di vasellame vitreo e ceramico, attestanti la presenza di recipienti legati all'uso dell’acqua, si è potuto scoprire che un importante santuario, sorgeva sulle sponde del lago plestino all’incrocio tra le vie di collegamento tra il territorio dei Sabini, degli Umbri e dei Piceni. Nel luogo in cui sorgeva il santuario, sono state ritrovate 4 iscrizioni incise su lamine di bronzo in lingua umbra databili all'inizio del IV secolo a.C. e recanti lo stesso testo: CUPRAS MATRES PLETINAS SACRU ESU (questo è sacro oppure io sono sacro a Cupra madre plestina) che ci hanno permesso di capire che il santuario era dedicato alla dea Cupra. Cupra era la dea della fecondità ed era collegata alle acque, poiché il suo nome è stato trovato in documenti in cui si parla di fontane e cisterne. Altri importanti santuari sorgevano in zone di frontiera cioè confine e rappresentavano una sorta di protezione sacra per il popolo dei Plestini. Si ricordano quello del monte Pennino, del monte Pale, monte Prefoglio e del monte Talogna lungo il versante marchigiano.

L’ALIMENTAZIONE DEL MONDO PLESTINO
Per i Plestini mangiare attorno ad un fuoco era un momento per riunire la famiglia. Poiché abitavano su un altopiano favorevole ai pascoli, i Plestini avevano un’economia basata sull’allevamento di bestiame e mangiavano molta carne di pecora, di mucca e di maiale, che era arrostita sugli spiedi o bollita all’interno di grossi pentoloni di bronzo. Si nutrivano anche di latte e di formaggi, che erano mangiati a fette o grattugiati sui cibi o ... sul vino! Il formaggio serviva a coprire il sapore del vino che non era di ottima qualità. Grattare il formaggio sul vino a noi sembra strano, ma era molto diffuso e ha antiche origini: il poeta Greco Omero ne parla per primo nell’VIII secolo a.C. nella sua opera più famosa, l’Odissea. E ciò si deduce anche dal ritrovamento di alcune grattugie all’interno delle tombe. I Plestini mangiavano anche i prodotti dei campi, cereali e ortaggi. I cereali consumati erano farro, avena, orzo, durante gli scavi archeologici delle capanne sono stati trovati resti di noci, nocciole e castagne. I cereali erano messi all’interno di grandi contenitori in ceramica, i dolia, le olle servivano per trasportarli, i mortai per pestarli e ridurli in farina, esistevano inoltre dei vasi misurino. Il capo tribù li utilizzava per distribuire uguali quantità di cereali ai sudditi. I vasi ritrovati nelle tombe ci aiutano a capire quali erano le usanze delle mamme plestine: pentole di bronzo o rame, brocche di ceramica più resistente da mettere sul fuoco e tazze più raffinate da usare nelle grandi occasioni. I vasi più belli erano importati da popolazioni vicine, come gli Etruschi, o lontane, come i Greci. Durante i pasti, il cibo era accompagnato dal vino, che veniva consumato con coppe e bicchieri di varie forme. La cultura del vino e del banchetto proveniva dal mondo Greco e aveva un valore altissimo, perché bevendo il vino, gli uomini potevano avvicinarsi al mondo ultraterreno. Il vino si beveva non solo nei momenti di festa o durante le cerimonie religiose, ma anche nei rituali funebri. Il rituale funebre era un momento di passaggio molto delicato e per controllare l’emozione si beveva e si consumavano cibi sui luoghi della sepoltura. Nelle sepolture gli Umbri-Plestini accanto al defunto, che secondo le credenze di questo popolo avrebbe continuato a vivere nell’aldilà, deponevano un corredo. Esso era diverso a seconda della classe sociale del defunto: di armi simbolo dei capi militari, di fusaiole simbolo del lavoro casalingo, di oggetti di lusso come collane, pettorali, fibule, anelli, si deponevano anche vasi di ceramica per il banchetto. La tomba n. 6 è un esempio di tutto ciò: vi è stato ritrovato un vaso con la rappresentazione della civetta simbolo della dea Atena e della città di Atene, a indicare che quel vaso proveniva proprio da lì.

L’ETÀ ELLENISTICA
(IV-III secolo a.C.)
È il periodo che corrisponde alla decadenza dell’Etruria e all’avanzata di Roma nell’Italia centro-orientale culminata con la seconda guerra punica nel 217 a.C. Scompaiono le importazioni etrusche mentre fa la sua comparsa la ceramica di produzione falisca a vernice nera. Nelle tombe maschili diminuiscono le armi; una caratteristica di questo periodo è lo strigile di bronzo o ferro considerato un elemento di lusso. Lo strigile era uno strumento metallico utilizzato dopo le gare sportive per ripulire il corpo dal sudore, dalla polvere e dagli unguenti. Il ritrovamento di questi oggetti è significativo perché è indice di un cambiamento nel modo di pensare per cui il bravo cittadino non era più il valoroso guerriero ma l’atleta che vinceva le gare sportive in tempo di pace. Nelle tombe femminili c’è un sensibile calo degli oggetti ornamentali.

LA ROMANIZZAZIONE NEL TERRITORIO PLESTINO
(DAL III AL I SECOLO a.C.)
Per Romanizzazione s’intende l'insieme dei cambiamenti negli usi e nelle tradizioni delle popolazioni italiche a seguito del contatto avvenuto in modo più o meno pacifico con i Romani. I Plestini ebbero la cittadinanza romana senza diritto di voto a partire dal III secolo a.C. e diventarono soci, cioè alleati di Roma, con l'obbligo di pagare tributi e fornire soldati e navi in cambio di un'amministrazione autonoma. Plestia divenne municipio romano con la possibilità dei Plestini di avere gli stessi diritti dei cittadini romani nel 90 a.C. a seguito di una guerra sociale (dove sociale, derivato da soci cioè alleati, indica una guerra tra Roma e i popoli alleati).

IL MUNICIPIO ROMANO DI PLESTIA
In base alle indagini sul campo e al contributo della fotografia aerea, è possibile definire l’estensione della città in poco meno di 40 ettari, delimitati a est dal lacus plestinus e a nord dal Corso del Fosso Rio di Cesi. I resti archeologici del centro si trovano nei pressi della chiesa di Santa Maria di Plestia. La città è stata costruita su due assi ortogonali, orientati NW-SE, larghi circa 32,50 m (112 piedi romani), in corrispondenza dell’incrocio tra via Plestina, via della Spina provenienti dalla valle umbra e la via Nucerina che attraversa la dorsale appenninica per raggiungere il territorio sabino. L’area forense era situata nei pressi della chiesa di santa Maria di Pistia. La chiesa di Santa Maria di Plestia, il cui impianto risale al XI secolo d.C., si sovrappone, infatti, a un edificio pubblico romano con fronte colonnata e costruito con blocchi squadrati in travertino locale. Una delle iscrizioni latine ritrovate a Colfiorito, scolpita nella pietra è rappresentata dal termine OCTOVIR: gli storici ipotizzano che si possa trattare o di otto magistrati romani o di una confraternita religiosa di origine umbra e perciò non romana.  Sullo stesso spazio forense grazie agli scavi effettuati negli ultimi anni, sono stati identificati il vestibolo di una DOMUS PUBBLICA affiancato da un edificio sacro (sacello o tempietto) con fossa sacrificale, mentre sul lato opposto una serie di murature spesse fanno pensare a una struttura termale della quale è stato rinvenuto un LABRUM per le abluzioni in ambiente caldo (calidarium). La città di Plestia fu fondata intorno all’anno 1000 a.C. dagli Umbri antica popolazione Italica localizzata nella regione corrispondente all’odierna Umbria. La prima organizzazione dell’abitato di Plestia avvenne quando gli abitanti della zona vennero a contatto con gli Etruschi e iniziarono degli scambi commerciali con questo popolo. Si ritiene che nel periodo del suo maggiore splendore la città occupasse circa 62 ettari. La sua misteriosa scomparsa risale probabilmente al 1000 d.C. La leggenda vuole che sia stata rasa al suolo dal grande Maharbale che avrebbe guidato le truppe di Annibale contro la cavalleria Romana durante la seconda guerra Punica (217 a.C.). L’ipotesi più credibile è che sia stata distrutta a causa di un forte terremoto nel x secolo d.C.

LA CHIESA DI SANTA MARIA DI PLESTIA (O PISTIA)
La chiesa attuale è stata costruita intorno all’anno 1100 d.C. su una preesistente basilica paleocristiana, presenta abside e cripta risalenti all’XI secolo, navata con presbiterio sopraelevato raggiungibile attraverso una scalinata che sale sopra alla cripta romanica, che ha subito cambiamenti nel corso degli anni e il portico che probabilmente è stato aggiunto nel XV secolo. La cripta è divisa in cinque piccole navate da dodici colonnine disposte su tre ordini. La colonna dell’abside è di età romana, così come alcune colonne che sostengono la volta. La chiesa si colloca al confine tra la regione Umbria e la regione Marche. La facciata principale è sovrastata da un portico formato da dieci colonne di pietra bianca, che si estende sul lato destro dell’edificio e che è stato aggiunto nel XV secolo in funzione delle fiere. Infatti, lo spazio antistante e dietro la chiesa è stato sempre utilizzato per i mercati legati alla transumanza. A destra della porta di accesso è visibile l’ingresso di un edificio romano e subito dopo si scende nella cripta. Nella chiesa era venerata una Madonna e fino al 1950 le comunità di Colfiorito, Dignano e Serravalle erano solite recarsi in pellegrinaggio la prima domenica di maggio per chiedere grazie alla Madonna. Sulle rovine della città di Plestia, fu costruito nel 1269 il castello di Colfiorito, dopo quelli di Popola e di Verchiano che erano stati costruiti rispettivamente quattro e cinque anni prima. Tracce dell’insediamento romano sono visibili anche sul monte ORVE, dove si formò un villaggio dalla fine del V secolo a.C. e prima metà del IV secolo a.C. come testimoniano gli stessi toponimi cioè i nomi dei luoghi derivanti dal latino, come: RICCIANO da RICCIUS, CASSIGNANO da CASSIUS E DIGNANO da DIGNUS.
            
LA DOMUS ROMANA
La Domus ha una struttura databile a un'età tardo-repubblicana tra il 40 e il 20 a.C. La Domus presenta un profondo vestibolo e un atrio a T con impluvium centrale completamente espoliato, tablinum e tre cubicula per ogni lato. Sul portico retrostante si affacciavano due peristili colonnati con i triclini. I pavimenti sono ricoperti da mosaici con motivi a reticolato di rombi, risalenti alla fine del II e inizi del I secolo a.C. La pianta articolata e il ritrovamento di resti di sacrifici di espiazione, fanno pensare a un edificio pubblico, a una residenza di alcune magistrature locali o particolari collegia.

 

 

CHIARA LORENZINI- MARIA ROMANA PICUTI " IL POPOLO DEGLI UMBRI PLESTINI E FULGINATES"  ASSOCIAZIONE ORFINI NUMEISTER.