Una nuova cultura del pellegrinaggio

Nonostante la crisi economica degli ultimi anni, l’emergenza terrorismo e, non ultima, la paura del terremoto, il pellegrinaggio alla Santa Casa  di Loreto o verso le altre mete storiche del cammino religioso, non cessa di esercitare il suo fascino su giovani ed adulti, che per diversi motivi,  da soli o in gruppo, decidono ancora oggi di mettersi in viaggio. Allargando lo sguardo agli ultimi due decenni , possiamo senz’altro parlare di ripresa, anzi di sviluppo delle Vie di Pellegrinaggio, in particolare tra  le Marche  e l’Umbria (Via Lauretana, Francescana, ma anche le vie minori che si collegano a queste), considerate finalmente dalle Regioni come parte integrante dell’offerta turistica. Anche se non ancora  secondo un’organizzazione sistematica, come avviene in Spagna o in Francia per il “Cammino di Santiago”, negli ultimi anni si è assistito ad una vera e propria riscoperta degli antichi percorsi peregrinatori, in concomitanza con il proliferare di pubblicazioni (studi o più semplici guide informative) sulla Via Lauretana e di iniziative che tendono a riproporre l’esperienza del pellegrinaggio, quale esperienza integrata, che, soprattutto per Loreto, assume un carattere di rilevanza  internazionale.  Ed i motivi per andare a visitarla possono essere molteplici e spaziare dall’esigenza religiosa e devozionale, certamente la motivazione preponderante, a quella culturale,  paesaggistica, storico-artistica o semplicemente relazionale; l’8 Febbraio scorso, non a caso, la Regione Marche ha fatto sua la proposta della Delegazione Pontificia della Santa Casa di inserire il Santuario di Loreto nel Patrimonio dell’Unesco.

Il pellegrinaggio a Loreto ha una data di nascita ben precisa, il 10 Dicembre del  1294, la data della “venuta” della Santa Casa di Nazareth, trasportata , secondo la tradizione, da Tersatto (in Dalmazia, oggi Croazia)  con un miracoloso volo angelico e venerata a Loreto.

Si tratta di una parte del Santuario dell’Annunciazione di Nazareth, come più volte gli studi storici ed archeologici, anche recenti, hanno confermato. Per i cristiani si tratta della “casa del sì” di Maria all’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele e del luogo dell’incarnazione del Verbo, dove Gesù è poi cresciuto e vissuto nel nascondimento fino all’inizio della sua vita pubblica, un luogo sacro per eccellenza.

Il pellegrinaggio a Loreto, cominciato da subito, si è dapprima collocato come semplice tappa di passaggio all’interno del pellegrinaggio verso la Terra Santa o in quello micaelitico verso il santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano, mentre successivamente si è sviluppato come meta autonoma, soprattutto nei secoli d’oro del Cinquecento-Seicento, quando la Basilica-contenitore di una delle reliquie più preziose della cristianità è divenuta il santuario mariano più importante d’Italia, e forse d’Europa, ed uno dei più importanti al mondo.

Uno sviluppo talmente consistente, soprattutto negli anni giubilari, da essere sottoposto già dal 1476 sotto la diretta dipendenza della Santa Sede e da spingere Papa Leone X nel 1514 a porre i pellegrini, durante la loro permanenza a Loreto, sotto l’esclusiva giurisdizione della Sede Apostolica ( una sorta di singolare “isola giuridica”), mentre la Basilica diveniva lo splendido  e prezioso scrigno d’arte,  che ancora oggi possiamo ammirare, grazie all’intervento dei maggiori artisti pontifici dell’epoca che vi stabilirono cantieri di lunga durata: Bramante, Sangallo, Sansovino, Lotto [ un’immagine su tutte lo straordinario rivestimento marmoreo che racchiude la Santa Casa, scolpito dal Sansovino e dalla sua scuola (1517-1537)].
Secondo una cronaca del Giubileo del 1625, nella sola mattinata della Festa dell’ 8 Settembre sarebbero entrate in basilica  circa 100000 persone.

Non è difficile comprendere allora perché attorno al santuario e ai pellegrinaggi, o meglio generata da essi, è cresciuta anche la città, così come era accaduto già per Santiago. In breve dal santuario sorto su una pubblica strada in aperta campagna, alla sommità di un colle deserto ( il monte Prodo), si è strutturato, attraverso una “sedimentazione demica” per gradi e  tempi successivi, un piccolo borgo che è diventato l’imponente città murata che oggi vediamo, la “Felix Civitas Lauretana”, così come la vagheggiava Papa Sisto V che la elevò al grado di città  e di diocesi, volendone fare un esempio di città cristiana ideale, totalmente modellata attorno alla vita del suo Santuario.

Un progetto ben incarnato dalla città nel corso di oltre sette secoli di pellegrinaggi, se si pensa che, al di là del complesso monumentale della basilica e del simulacro lì venerato, che hanno ispirato e ispirano tuttora nel mondo tante loro riproduzioni e rappresentazioni ( vi sarebbero oltre 4200 toponimi di ispirazione lauretana nel mondo, secondo un recente censimento), a fare di Loreto un sito unico nel suo genere ed universale insieme ha contribuito tutto il paesaggio storico-culturale-simbolico- del suo contesto  e che quest’ultimo, unito alla pietà popolare, continua a tramandarci ancora oggi, insieme al preziosissimo patrimonio artistico, un altro patrimonio di inestimabile valore, il patrimonio “immateriale” di Loreto.

Per tutto questo, ed altro ancora, Loreto e la sua antica via di pellegrinaggio, “la Via Lauretana”,  rappresentano la grande Storia, ma anche la storia dei pellegrini che ci hanno preceduto, un’ autentica sintesi culturale e spirituale del loro mondo, della loro visione della vita, delle loro aspirazioni profondamente religiose, delle loro esigenze pratiche... Un mondo passato, che perdura sotto forma di antiche parole, segni, tradizioni e un patrimonio inestimabile il cui testimone le precedenti generazioni sembrano passare simbolicamente alle nuove per aiutarle a comprendere meglio se stesse, la loro storia ed il loro territorio, per radicarsi in essi e da essi attingere forza, senso di appartenenza ed identità futura.

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